Psicologia della Religione e "psicosette"

Pubblicato da Redazione il giorno 8 Novembre 2008

"Plagio", "lavaggio del cervello" e altre ideologie
dal tetro background ormai sorpassate.

Protesta di uno studioso genuino contro l’ingerenza
dei sedicenti esperti di psicologia della religione

Qualsiasi analisi – se spassionata e imparziale – potrà mostrare che i gruppi "anti-sette" mostrano in realtà quelle stesse caratteristiche negative (o "distruttive", per usare le loro espressioni più gettonate) che essi vorrebbero far credere siano genericamente proprie dei movimenti religiosi; di qui tutto il baccano e il loro gran parlare di "culti distruttivi", "sette pericolose", "chiese controverse", ecc.

Pubblichiamo in calce l'articolo integrale reso disponibile dal sito "Psicologia della Religione" che riporta il numero di Gennaio-Agosto 2008 della omonima rivista "Psicologia della Religione News". In questa si può trovare un’interessante analisi del prof. Mario Aletti, docente presso l’Università Cattolica di Milano.

Analisi non solo interessante, ma anche peculiare perché spassionata, equanime o – per farla breve – imparziale; insomma, non influenzata né da partigianerie né idiosincrasie personali, ma evidentemente motivata da una curiositas professionale e mantenuta nei ranghi del rigore scientifico.

«È ritornata di attualità l’espressione "lavaggio del cervello". Non certo per via di nuove conoscenze scientifiche in proposito, ma sull’onda dell’informazione scandalistica mass-mediatica, di qualche iniziativa investigativa e giudiziaria e, soprattutto, sulla spinta della campagna rabbiosa di gruppi che proclamandosi "antisette", si presentano come paladini della religione istituzionale e difensori di persone "plagiate" e dei loro familiari».

Questo l’esordio – quanto mai schietto del prof. Aletti – nel suo articolo su "Psicologia della Religione News": lo si potrebbe quasi interpretare come una protesta, da parte di uno studioso serio e competente, nei confronti di quella manciata di gruppi e gruppuscoli, litigiosi quanto inefficaci, che vanno a comporre il fronte italiano delle associazioni "anti-sette".

Nella stessa rivista, infatti, si può trovare anche un articolo della prof.ssa Raffaella Di Marzio, docente di Psicologia della Religione presso la Facoltà di Scienze dell''Educazione "Auxilium" di Roma, la quale sembra condividere appieno la linea teorica del prof. Aletti e – anche – rafforzare l’interpretazione qui fornita.

«La questione del controllo sociale esercitato all’interno dei gruppi religiosi viene spesso liquidata, da ambienti antisette, stampa e forze dell’ordine, con l’uso di metafore come "lavaggio del cervello", "controllo mentale", "condizionamento mentale" ecc., che contribuiscono a creare intorno a gruppi religiosi, percepiti come "diversi" da un certo sistema sociale, un clima di sospetto, di timore e di avversione che in certi casi può trasformarsi in una moderna "caccia alle streghe" che dà vita a nuove forme di intolleranza.

In seguito a campagne di questo genere e alle reazioni sociali generate da pratiche discutibili attuate all’interno di movimenti religiosi alternativi e gruppi spirituali di vario genere, sono iniziate indagini di polizia e istruiti processi in tutto il mondo. Ci sono gruppi particolarmente controversi sui quali pendono decine di processi in diverse nazioni.»

Ecco dunque qual è il giudizio degli studiosi accademici (che nulla hanno a che spartire con Scientology), sui gruppi "anti-setta" e sul loro can can mediatico.

Allegato l'articolo in forma integrale.